La sfida digitale? Vinceremo, come alle Olimpiadi
Corriere della sera
Ha contribuito a creare e poi ha guidato il maggior gruppo telefonico globale. E da sei mesi sta tentando di traghettare uno dei Paesi a più alta burocrazia e complicazione al mondo, la nostra Italia, verso un luogo più semplice da vivere e più in grado di competere con le altre nazioni. Il tutto grazie a quella parola magica frequente quanto spesso mal compresa e sottovalutata che si chiama «tecnologia» sposata all'altra ancora più usurata che è «digitale».
Vittorio Colao fa parte di quelle persone che non possono essere definite generazione digitale per questioni di età, ha 59 anni, ma è stato ed è uno dei protagonisti dell'hi tech mondiale. Racconta a volte con autoironia quando si trovò a fare anticamera da Steve Jobs, pur essendo uno dei maggiori clienti al mondo di Apple. O quando negoziava accordi ma duellava sulle regole con i giovani creatori di Google e Facebook, Larry Page e Mark Zuckerberg.
Oggi il compito è, se possibile, ben più difficile. Fare in modo che la tecnologia sia il compagno di viaggio che semplifica la vita ai cittadini, che il digitale faccia da motore allo sviluppo in un Paese che ha tante eccellenze ma fa fatica a farle diventare sistema e che l'innovazione non sia più guardata con sospetto. A rendere concreto il fatto che la tecnologia se ben guidata è il cuore del nostro vivere quotidiano. E quando ci sono di mezzo cittadini e imprese la concretezza è tutto.
Sei mesi di governo non sono tanti, nemmeno pochi. Di quale risultato visibile e concreto è più contento?
«Di tutti. Abbiamo varato il Piano banda larga e la consultazione in tempi record, semplificato le regole per la realizzazione delle reti, riformato i poteri dell'agenzia digitale e le norme per interoperabilità, domicilio e notifiche digitali. Stiamo lanciando la migrazione a cloud e la modernizzazione dei servizi delle Pubbliche amministrazioni (PA). Con Salute abbiamo rinvigorito visione e progetti per Digital Health e Telemedicina. Al G20 abbiamo ottenuto una dichiarazione d'impegno su identità digitale. E creato una squadra di esperte e esperti di reti, IT, diritti digitali, innovazione e legislazione digitale. Tutto in sei mesi».
Come si lavora con i ministri politici, non tecnici?
«Con tutti i ministri condividiamo completamente la strategia e a tutte le cose che ho citato abbiamo lavorato con Mise, Mur, Istruzione, Giustizia, Interni, Salute, Economia, Infrastrutture, Funzione Pubblica, Autorità per la Sicurezza. Con confronti, certo, ma consapevolezza di dover fare assieme».
Chi è allora il vero nemico della tecnologia in Italia?
«La resistenza da vincere in Italia non è nella politica, ma nella ragnatela di norme e poteri amministrativi che tanti presidiano, quasi sempre in buona fede, e che rendono l'innovazione lenta e complicata. Dobbiamo adesso vincere i cuori di tutti e trasformarli in guardiani di principi futuri e non di regole pre-digitali».
Capisco che è difficile far dialogare le 11 mila banche dati pubbliche, ma si riuscirà mai ad affermare il principio che le cose che la PA già conosce (che si tratti del Comune dove vivo o dell'Inps o dell'Agenzia delle entrate) non deve continuamente chiederle al cittadino?
«Certamente. Già in autunno l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (Anpr) fornirà certificazioni online valide e gratuite, e da li il passo per certificati e attributi digitali diretti tra amministrazioni sarà breve. Nel rispetto della Privacy, ma anche applicando il buon senso: se una PA vuole avere i miei dati per erogarmi un servizio, è nel mio interesse che l'informazione passi in automatico, sempre tutelando i diritti fondamentali».
E a proposito di diritti, visto l'impatto della tecnologia sulla società serve una visione, qual è la vostra?
«Da sempre sono un sostenitore del binomio tech e valori. La nostra società può essere più inclusiva grazie alla tecnologia: pensiamo ai diritti delle persone con disabilità, degli anziani, di chi vive lontano dai presidi sanitari o da scuole specialistiche, o ai cittadini all'estero. Dalle consultazioni, alla proposta di referendum, alla erogazione di servizi sociali, alla telemedicina o teledidattica, possiamo dare a tutti opportunità uguali, indipendentemente da condizioni personali, sociali o localizzazione. Con il digitale si possono eliminare ingiustizie e abbattere barriere».
Abbiamo però perso mesi a discutere di rete unica non capendo che famiglie e aziende chiedevano connessione, poco importava chi o cosa le connetteva, soprattutto durante le chiusure. Si sono fatti passi in avanti?
«Decisamente. Siamo in consultazione per le gare "Italia a un giga" - fibra e Fixed Wireless - da avviare a fine anno. È partito il piano per la cablatura sottomarina delle Isole minori e seguiranno i piani sanità e scuole. Vanno migliorate la copertura delle linee ferroviarie e strade secondarie, essenziali in un mondo di trasporti sostenibili e lavoro smart. Con Gaia-X e 5G Cloud sosterremo innovazioni nell'automazione, nell'agricoltura di precisione, nella mobilità, nella tutela ecologica e ambientale, nella digitalizzazione del patrimonio culturale. Questi anni possono essere la culla della nuova Italia digitale».
Il pericolo di essere bucati da hacker, come dimostra la vicenda del Lazio però esiste, l'Agenzia per la cybersecurity nazionale appena creata che farà esattamente ciò che non potevano fare già i servizi segreti o la Polizia Postale nel perseguire i reati?
«Credo tutti abbiano capito che nel digitale "piccolo e disomogeneo" è pericoloso, se si hanno decine di Data centers locali, con pochi specialisti. L'Agenzia lavorerà con tutti per rafforzarci nella prevenzione e mitigazione di attacchi. La Polizia Postale continuerà nell'eccellente opera di repressione del crimine, e i Servizi nella difesa geopolitica del Paese. Pensi a un tridente della Cybersicurezza Italiana, una palestra di eccellenza per giovani esperti in Ict».
Con l'introduzione del Green Pass abbiamo visto resistenze. Ha qualche ragione chi anche per il green pass chiedeva di passare da una logica di sorveglianza del cittadino a una logica di autocertificazione e controlli successivi?
«Uno Stato ha il dovere di garantire la sicurezza di tutti. Se non essere vaccinato rappresenta un rischio per altri in un ufficio, su un bus, in un ristorante - c'è il dovere di mitigarlo e chiedere di esibire il Pass e di controllarlo mi pare rispettoso del diritto alla salute di tutti».
Ogni tanto si ha comunque l'impressione che app come "IO", "Immuni", siano un rischio invece che un'enorme opportunità di semplificazione della vita...
«In realtà 18 milioni di cittadini hanno scaricato la app "IO" per utilizzare servizi come il cashback, il Green Pass, le notifiche e i pagamenti digitali, siamo avanti in Europa. Il rischio di complicare la vita sussiste se non si coordinano gli sviluppi digitali. Oggi ad esempio abbiamo fascicoli sanitari diversi tra Regioni, alcuni eccellenti altri quasi vuoti, abbiamo applicazioni comunali digitali efficacissime e altrove processi manuali novecenteschi. Occorre aggregare e rendere omogenei i servizi».
Altri Stati europei investono in Intelligenza artificiale, tecnologie microelettroniche, spazio e biofarmaceutica. Non rischiamo di perdere il treno della vera innovazione o ci affidiamo solo al privato?
«Questa è la seconda parte del nostro lavoro. Con il ministro Giorgetti e la ministra Messa abbiamo impostato un programma operativo sull'Intelligenza Artificiale, e per identificare le priorità di ricerca nei settori avanzati che lei cita e selezionare aree di presenze italiane di qualità e centri di eccellenza. Le aziende innovative private e i partenariati saranno chiave per essere credibili nel contesto Europeo e competitivi intemazionalmente».
Perche adesso per l'Italia dovremmo essere a un punto di svolta?
«Quando a maggio abbiamo stabilito obiettivi ambiziosi per raggiungere il plotone digitale di testa nel 2026 ci hanno detto: "Siete matti, l'Italia tra i migliori in Europa?". Io dico che negli ultimi due mesi abbiamo vinto un Europeo di calcio e ori prestigiosissimi alla nostra migliore Olimpiade di sempre. Possiamo sorprendere tutti anche nella digitalizzazione, con una nuova Italia digitale agile, veloce e determinata, come i nostri atleti e atlete».
Intervista di Daniele Manca pubblicata il 14 agosto 2021 sull'edizione cartacea del Corriere della sera.