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La lettera al direttore di Repubblica

Paola Pisano illustra la sua proposta di inserire nei cicli scolastici e nei corsi universitari una nuova materia dedicata alle competenze digitali.

Data 29 agosto 2020
Fonte

La Repubblica

Argomenti Competenze digitali

Caro Direttore,

con la pandemia del Covid-19 l’Italia ha perso le vite di oltre 35 mila persone e attraversa una fase nella quale sono in molti a soffrire le conseguenze del virus, dirette e indirette. Abbiamo il dovere di far sì che questa pagina dolorosa della nostra storia sia seguita da altre di diverso segno. Per riuscirci è indispensabile rendere diffusa una consapevolezza: occorre un esteso sforzo comune affinché la prova alla quale é sottoposta la nostra società sia anche la premessa di cambiamenti che pongano rimedio a nostre debolezze.

Le capacità dell’Italia nell’affrontare la competizione internazionale vanno potenziate, qualunque sia il giudizio di ciascuno di noi su quest’ultima. La competizione si accentua. Impone di percorrere strade nuove. L’indice Desi 2020, che stima la digitalizzazione di economie e società negli Stati dell’Unione Europea, evidenzia che a possedere competenze digitali superiori a quelle di base è soltanto il 22% degli italiani tra i 16 e i 74 anni di età. Tra i laureati è un esile 1% il totale di coloro che hanno conseguito una laurea in discipline delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic). Secondo l’Osservatorio competenze digitali, l’anno scorso ci sarebbero serviti 15 mila laureati nelle Tic in più.

Con il Recovery Fund l’Ue si sottopone per l’Italia a uno sforzo enorme: grazie al negoziato condotto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte riceveremo 209 miliardi di euro, ossia il 28% delle risorse impiegate dall’Unione per attutire, nei 27 Stati membri, i danni causati alle economie dal Coronavirus. Nell’ottenere prestiti, seppure a tassi vantaggiosi, noi aumentiamo il nostro già pesante debito pubblico. Dunque dobbiamo agire fin da adesso per alleggerire un peso che finirà sulle spalle dei nostri figli e nipoti. Dobbiamo attrezzarci per produrre di più e meglio.

Ciò ci richiama a investire sulle giovani generazioni, a liberare i canali ostruiti attraverso i quali i loro talenti faticano a essere messi a frutto nel nostro Paese quanto meriterebbero. La delega che mi è stata assegnata richiede tra l’altro di compiere “tutte le attività necessarie ad assicurare, in raccordo con le amministrazioni interessate, lo sviluppo e la diffusione delle competenze necessarie per un adeguato uso delle tecnologie digitali nei mondi della scuola, dell’università”. Ho quindi proposto alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina di inserire nei programmi didattici di tutte le scuole una nuova materia. E’ in corso su questo una riflessione comune della quale la ringrazio. Lascerei al confronto tra autorità ed esperti scegliere se l’insegnamento andrà chiamato scienza dell’innovazione tecnologica o con il nome o i nomi più adatti a seconda dei cicli scolastici. A contare è che questa disciplina permetta ai nostri ragazzi di disporre, in maniera sistematica, di competenze digitali utili sia per il lavoro sia nella vita quotidiana. Per bambini e adolescenti lo studio dovrebbe riguardare, oltre alle opportunità, le insidie della Rete e il rispetto della dignità altrui sul web.

Lo considero un progetto di valore sociale, non solo economico. Comporterebbe l’assunzione di nuovi docenti. Offrirebbe occasioni di aggiornamento professionale al nostro prezioso corpo insegnante. Gli studenti potrebbero acquisire varie competenze: dalla storia dell’innovazione all’applicazione del diritto nei canali digitali, dalla sicurezza cibernetica al riconoscimento delle fonti accreditate per un’informazione accurata online, dall’utilizzo dei big data e del machine learning (l’apprendimento da parte delle macchine) alle nuove tecnologie adatte a sviluppo sostenibile. Non saranno vezzi, per i professionisti di domani. Potranno risultare requisiti fondamentali per ottenere lavoro e per svolgerlo con più soddisfazione, retributiva e di gratificazione personale.

Mi auguro il massimo di convergenza possibile su questo. Non soltanto nella maggioranza di governo, ma anche con le forze di opposizione. Tutti siamo interessati a rafforzare il sistema Italia.

Occorrerebbe insegnare quali sono oggi le innovazioni di frontiera. Per i cittadini del terzo millennio sarebbero utili forme di “alfabetizzazione” su intelligenza artificiale, robotica, internet delle cose, nuove forme di connettività, 5G, nuove generazioni di microchip. Per gli atenei, l’idea condivisa con il ministro dell’Università Gaetano Manfredi è dedicare una piccola parte di ogni corso alla interazione dell’oggetto di studio con la realtà digitale.

La scuola aggiungerebbe alle sue qualità l’essere un ecosistema in grado di far germogliare innovazione. Ne ricaverebbero vantaggi l’intera società e la competitività delle aziende italiane. Innalzare le competenze tecnologiche dei cittadini è fondamentale per il benessere dell’Italia negli anni a venire. Rafforziamole. Da adesso.