La traccia dell’intervento della Ministra Paola Pisano
Ringrazio studio Ambrosetti per aver promosso questo confronto al quale partecipiamo stamattina e per la tecnologia utilizzata. Perché anche nei convegni c’e’ molto da innovare.
L’associare l’ineludibile fattore umano della presenza di una parte dei convegnisti in un luogo fisico con una rete così estesa di collegamenti più l’utilizzo di ologrammi e un bell’esempio di utilizzo delle tecnologie.
Quegli ologrammi che ci sembrano di aria nella realtà tecnica, dal punto di vista della trasmissione di informazioni necessarie per dare forma a quelle immagini, sono pesanti. Molto pesanti. Mi sono utili per dare una risposta alla prima domanda che mi è stata posta dagli organizzatori del nostro incontro: quali sono le priorità del Paese sotto il profilo dell’innovazione tecnologica?
Senza una connessione capillare e veloce, in grado di coprire l’intero territorio nazionale non sarà facile sviluppare l’economia italiana nel terzo decennio del terzo millennio.
Siamo in ritardo su questo e dobbiamo recuperare. La copertura dell’intero Paese deve essere considerata oggi un interesse nazionale come lo è la sicurezza di questa copertura.
Ciò richiede a mio avviso che alle competitive attività economiche di soggetti privati attivi per costruire la rete si affianchi una capacità di indirizzo pubblico che salvaguardi alcune esigenze.
Per esempio in molti paesi di zone montane e di coste del nostro Paese hanno una connettività scarsa o inesistente.
Ciò comporta una serie di effetti: gli scolari e gli studenti che abitano in quelle zone durante i mesi di blocco delle attività hanno avuto più difficoltà di coetanei nelle aree urbane a seguire lezioni a distanza.
Professionisti e imprenditori stranieri che potrebbero scegliere quelle località come luoghi di residenza temporanee o permanenti possono essere attratti da altri Paesi invece che dall’Italia
Ma, soprattutto, se la rete serve a parlare e lavorare con il mondo noi non possiamo avere parti di Italia che non siano collegabili con il resto del mondo.
Noi abbiamo tra le nostre risorse nazionali originali e ammirate un artigianato di lunga tradizione e di grande qualità che avremmo il dovere morale di sostenere le parole nei modi più efficaci. Se lo portassimo sul mercato internazionale ciò sarebbe sia giusto sia vantaggioso per il singolo artigiano e per il marchio made in Italy. Ma se non c’è’ la rete, se non c’è la connessione, allora l’artigianato tradizionale avrà più ostacoli, non meno.
Le grandi piattaforme di vendita internazionali cercano costantemente quali sono gli spazi di mercato non ancora in rete. E noi? Perché noi dovremmo precluderci di mettere in rete, magari un domani su nostre piattaforme di vendita in grado di reggere il confronto con quelle internazionali, queste risorse produttive?,
Finalmente adesso si parla spesso di rete unica. Ci sono angoli visuali diversi dai quali vedere la rete unica. In questo momento l’angolatura prevalente inquadra la composizione societaria del soggetto che sarà chiamato a realizzarla, oggetto a sua volta anche di dibattito politico.
Permettetemi di guardare la questione anche da un lato tecnico, del risultato finale da ottenere. Non è un lato che lascerei in secondo piano. Sia la rete sia gli altri strumenti dei quali ci avvaliamo nelle nostre attività hanno più convenienza economica e maggiore efficacia se sono, diciamo così, a prova di futuro o quanto meno a prova di un futuro ravvicinato.
Intendo dire che **i nostri prossimi investimenti devono dotarci di infrastrutture e mezzi che corrano meno rischi possibile di venire presto superati da altri più efficienti e meno costosi. Significa che devono essere, quanto meno, facilmente aggiornabili senza dover essere interamente sostituiti.
In Italia sappiamo tutti che prima o poi dovremmo fare i conti con il 5G. Mi permetto di dire che non sarebbe male farli prima piuttosto che dopo. Intendo con questo che è bene lasciare alle sedi dovute e con le procedure dovute le decisioni su come e con quali fornitori avvalerci della quinta generazione di connettività mobile. Però non riusciamo ad essere lungimiranti se togliamo dalla nostra visuale questa infrastruttura perché prima o poi arriverà anche da noi. In diverse parti del mondo è già arrivata. Noi dobbiamo attrezzare il nostro Paese a vincere le gare future nell’evoluzione delle nuove tecnologie più che attardarci nello sperare di vincere gare già vinte da altri. Guardare avanti, non indietro.
La lettera di intenti definita da Tim e Cassa depositi e prestiti Equity è un primo passo, ma dovrà essere seguito velocemente da altri e lungo un percorso ambizioso, non facile e tuttavia indispensabile.
Il 2020 è contrassegnato dalla crisi del Covid-19. E’ una crisi che chiama ancor più di prima le nostre generazioni a una responsabilità: prepararci a ciò che potrà avvenire, ai rischi e ai fenomeni possibili anche di altra natura che conviene essere pronti ad affrontare.
E nel futuro, se non già nel presente, vediamo un mondo nel quale vari equilibri geopolitici appaiono in via di ridefinizione. Oggi buona parte dei nostri dati è conservato in memorie che si trovano altrove, all’estero. Adesso le cose stanno così e non possiamo cambiare tutto nel giro di un mese o sei mesi. Ma abbiamo interesse a far sì che in prospettiva i nostri dati e ciò che permette di funzionare a numerose strutture pubbliche e private abbiano memorie in Italia o nell’Unione Europea.
Con un però. Però non in armadi con ragnatele, non in vecchi armadi privi dei servizi richiesti ad un cloud, depositi semmai sprovvisti di adeguate garanzie di sicurezza . La si chiami autonomia digitale, sovranità digitale, la si chiami come si crede, ma senza alcun proibizionismo e alcun anacronismo abbiamo bisogno di creare e potenziare un sistema di cloud italiano ed europeo.
Per quello europeo le premesse sono nel progetto Gaia X: un insieme di aziende sta percorrendo una strada che deve portare a definire regole comuni per un sistema di cloud dell’Ue. Germania, Francia hanno avviato questo processo, aziende italiane partecipano e il governo segue con attenzione questo processo.
Per l’Italia la base, il nucleo di un cloud nasce da una novità contenuta nel decreto approvato l’altro ieri dal Senato e adesso all’esame della Camera.
Mi sono impegnata affinché in quel testo si stabilisse che le banche dati dello Stato italiano, nel rispetto delle autonomie di ciascuna amministrazione, devono avere più facilità nello scambiarsi dati di comune interesse. Attualmente può succedere che la mano sinistra dell’amministrazione pubblica non sappia che cosa fa, o che cosa sa, la mano destra. Procedure obsolete, configurazioni a compartimenti stagni delle banche dati rendono faticoso e lento lo scambio di conoscenze che invece, a norma di legge, sarebbero legittime e possibili. Che cosa significa questo?
Significa, per dirne una, che voi imprenditori e voi professionisti vi sentite chiedere da un ramo dell’amministrazione documentazione che avete già presentato a un’altra. Noi dobbiamo di certo agire in un quadro di sicurezza e nel rispetto della privacy, ma anche superare lo stato di cose che ho descritto se vogliamo far risparmiare alle aziende e ai cittadini tempo speso per adempimenti burocratici che potrebbe essere impiegato per altri scopi. Innanzitutto scopi produttivi, ma è meglio che sia anche di svago piuttosto che sottratto da lungaggini e file.
Nel decreto “Semplificazione e innovazione digitale” abbiamo inserito per gli uffici pubblici l’obbligo di avviare entro il 28 febbraio 2021 i processi necessari per rendere anche digitali i propri servizi salvo rare eccezioni.
I servizi dovranno essere accessibili attraverso le così dette “piattaforme abilitanti”. Tra queste:
SPID, il Servizio pubblico per l’identità digitale che ha credenziali uniche e sicure: ad oggi 10 milioni di cittadini hanno l’identità digitale. Un anno fa, quando ho avuto l’onore di entrare a far parte del nuovo governo guidato da Giuseppe Conte, erano 4 milioni. E’ stato uno dei miei campi di intervento.
App “Io”: canale unico della Pubblica amministrazione. L’abbiamo sviluppata in pieno Covid-19 e da aprile tutti i cittadini possono scaricarla dagli “store” accessibili via cellulare. Da aprile ad oggi tre milioni di cittadini l’hanno scaricata. Un milione e mezzo l’hanno utilizzata per ricevere il Bonus vacanze predisposto dal Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini.
“PagoPa” per i pagamenti digitali: dall’inizio del 2020 sono stati 69 milioni i pagamenti effettuati con queste modalità e corrispondono ad un controvalore di 15 miliardi di euro. A luglio avevamo superato il numero di transazioni digitali di tutto il 2019.
Nel decreto Semplificazione e innovazione digitale abbiamo definito la creazione di un codice di condotta tecnologica che le varie articolazioni della Pubblica amministrazione dovranno seguire se vorranno avere accesso ai fondi per sviluppare i servizi digitali. Di conseguenza dovranno seguirlo anche i fornitori di servizi della Pubblica amministrazione.
Ancora a proposito delle priorità per il Paese. Tra le priorità alle quali far fronte rientra senza dubbio la cyber security. Non mi dilungo su questa per ragioni di tempo. Non perché conti poco, anzi, ma per non trascurare l’aspetto più attuale di tutti in questa fase e ancora per un lungo periodo.
Come ha giustamente ricordato ieri il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte - il quale è riuscito a far destinare all’Italia il 28% del denaro assegnato dall’Unione Europea al Recovery Fund, 209 miliardi di euro, dobbiamo utilizzare quei fondi per un disegno coerente e coordinato, un disegno indispensabile per rinnovare del Paese.
Rientrano in questo impegno le nuove infrastrutture digitali e la sicurezza, i dati e l’interoperabilità tra le banche dati della Pubblica amministrazione - ossia il renderle interoperabili in una rete e non in un insieme di compartimenti stagni poco comunicanti - fatte salve le esigenze di autonomia e sicurezza, inoltre le piattaforme abilitanti e i servizi digitali.
A mio avviso deve rientrare in questo impegno, tra gli altri aspetti, il passaggio da una fase nella quale i nostri ragazzi conoscono le nuove tecnologie da autodidatti, come avviene adesso nella maggior parte dei casi, a una nella quale imparano a conoscerle sempre più con metodo e in maniere tali da alzare il livello delle loro competenze e consapevolezze. Non solo. Anche di allargare il bacino potenziale dei nostri futuri tecnici e delle nostre creatività innovative.
Ne ha bisogno il Paese, ne hanno e ne avranno bisogno le imprese. Per questo ho proposto: alla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina di aggiungere spazi appositi nei programmi didattici per far conoscere ai nostri studenti opportunità e rischi della Rete, per spiegare loro il pensiero computazionale - ossia come definire un problema che possa essere affrontato anche da una macchina - l’intelligenza artificiale, la sicurezza cibernetica, criteri di analisi dei dati e altro. Non esistono i nativi digitali solo perché nasciamo con un cellulare in mano. Con il Ministro della Ricerca Gaetano Manfredi condividiamo l’idea che in ogni corso universitario una piccola parte del tempo vada dedicata alla conoscenza di strumenti e metodologie digitali che possono essere utili per il campo oggetto di studio.
Con le nuove tecnologie dobbiamo fare tutti i conti. In futuro l’intelligenza artificiale farà parte sempre di più della nostra vita e dobbiamo capirla da adesso. Questo non significa essere degli ingegneri del software. Non dobbiamo mica essere un pilota di formula uno per guidare un’automobile. Ma se ormai tutti sappiamo cambiare una ruota di un’auto è giusto che tutti in futuro sappiano capire come funziona l’intelligenza artificiale.
Per questo abbiamo definito una strategia di competenze digitali, un programma per formare la cittadinanza (si chiama Repubblica digitale) e nelle prossime settimane introdurremo una piattaforma che aiuti tutti i cittadini nello sviluppo di competenze sull’intelligenza artificiale. Perché servirà. Proprio come serve oggi saper cambiare una ruota di una macchina. Chiaramente, tutto il percorso che ho descritto, non sarà una passeggiata.
Come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La crisi provocata dalla pandemia è stata uno spartiacque per l’Unione Europea che in meno di sei mesi ha compiuto scelte coraggiose e innovative”. Su questi obiettivi occorre una convergenza di rami alti e intermedi dell’amministrazione, degli enti locali, di datori di lavoro e organizzazioni dei lavoratori, di maggioranza e opposizione. Credo che l’alternativa, il non procedere così, possa comportare esclusivamente declino. E’ per questo che servono le idee e gli sforzi costruttivi di tutti noi. Lo dobbiamo al nostro Paese. Lo facciamo per il nostro ruolo in Europa. Lo dobbiamo fare per le generazioni che verranno dopo di noi.